Tutto è spento.
Nella mia mente sto camminando sul palcoscenico che tanto conosco. Non ci sono luci accese. Si può vedere solo grazie a dei raggi che coraggiosi si fanno strada attraverso una fessura lasciata aperta dalla porta antipanico, nascosta dai tendaggi.
C’è silenzio.
Nello spiraglio illuminato riesco a vedere i piccoli mulinelli di polvere che danzano ringraziando di essere bagnati dal sole. Mi hanno sempre affascinata. Anche quando tutto intorno appare fermo, questi continuano il loro movimento. Imperterriti. Potrei stare a guardarli per delle ore. Hanno una grande forza di volontà. Glielo riconosco e mi avvicino offrendo loro le mie labbra. Mi risponde un bacio caldo e leggero come una piuma.
Mi riconoscono come una di loro.
Sento il mio nome sussurrato nella penombra. Mi dirigo verso il luogo che mi ha chiamata. Lascio impronte in mezzo alla polvere sollevando altre piccole particelle che cominceranno la loro danza. Riconosco dove sono. In questo preciso punto, tempo fa, ho avuto disperato bisogno di un amico. Il Teatro me ne ha portato uno senza nemmeno aspettare che lo desiderassi. Lui mi ha vista, mi ha ascoltata e mi sono lasciata andare tra le sue braccia, nascosta dalle luci. Francamente, non so se se ne ricorda.
Un altro punto mi chiama a gran voce. Corro e mi pare quasi di volare sollevata da quelle stesse nuvole che sollevo io al mio passaggio. E come dimenticare questo posto? Qui c’era stato un dolce timido bacio. E là, là ce ne era stato uno molto più esposto! Quanta adrenalina, quanta carica in quei giorni.
E quando invece sono stata allo stremo, mi è stata portata carica dagli altri. Mi rivedo ancora, rannicchiata laggiù, con tanta paura nel cuore che mi dovevo tenere ancorata al pavimento per non cadere. E ancora una volta, dal Teatro mi era stata mandata una persona con un messaggio di fiducia nei miei confronti prima ancora che io sapessi di averne bisogno.
Un altro luogo mi chiama dolcemente. Mi avvicino a passi incerti verso quel punto dove ho abbracciato una persona che mi diceva di essere felice. E io ero felice per lei. Abbiamo condiviso questa preziosa fonte di acqua sorgiva. Fresca. Dissetavamo le nostre anime simili.
E quante risate su questo proscenio. Quante lacrime, quanta rabbia. Mi sposto da un luogo all’altro ricordando ogni viso, ogni espressione, ogni sfumatura. Tutte le persone che il Teatro mi ha portato mi hanno sempre insegnato qualcosa. Non so se lo sanno. Non so se l’hanno mai capito. Non so se l’ho mai detto. Mi muovo sempre più in fretta e ora sono quasi sicura di volare. Comincio a vedere anche ricordi che non mi appartengono. Si intrecciano tra loro, sovrapponendosi e creando infiniti arazzi che raccontano storie dai molteplici sapori. Tutti intensi, come si addice ad un posto come questo. Provo io stessa ciò a cui assisto. Qui si trova la felicità, si impara la pazienza, si affrontano le paure, si guadagna il coraggio. Qui c’è odio. Qui c’è amore. Questa è vita. Ma non solo la mia. Non solo quella di altre persone. Quella che mi si stende davanti agli occhi è la vita del Teatro stesso. Sbirciando rimango colpita da quante ne ha vissute. Sorrido delicatamente a tutto. Le mie labbra formano la parola “grazie” e lascio che quelle immagini scompaiano inghiottite dal buio.
Tutto è di nuovo in quiete. Ma è latente, in attesa del risveglio. Solo i mulinelli di polvere continuano a muoversi. E il sole continua ad illuminarli. Passo le mie dita nel fascio di luce. Accarezzo i granelli e loro accarezzano me. Anch’io, come loro, non resto ferma. Non c’è sconforto. Non c’è tristezza. C’è tanta forza. Sono determinata. Tornerò.
Ilaria Nadin
Allieva Corso teatrale Professione Attore Specializzazione
Membro del Consiglio Direttivo di Teatro della Verità