Un’Altra Ultima Cena completa da Trilogia del Gas, o SaGas, della Compagnia Respira Forte, iniziata con Re-Spira Forte (Gennaio 2016), e proseguita con La Benedizione dell’Insonnia (Gennaio 2017). Il filo conduttore è il gas, appunto, come metafora del sonno e della morte, mentre le tematiche sono legate alla realtà, alla storia, alle vicende umane e al modo in cui si intrecciano con le vite di ciascuno di noi, diventando così universali. In Re-spira Forte il gas era quello di scarico di un’auto, che portava a compimento il desiderio di suicidio di una coppia conosciutasi on line. Nella Benedizione è una fuga di gas quella che fa esplodere un appartamento, catapultando per il lunghissimo istante che precede la morte tre sconosciuti nella difficile elaborazione della propria morte accidentale o, ancora peggio, casuale. Infine, con la Cena il protagonista è il più infame dei gas, lo Zyklon-B, usato nei campi di sterminio nazisti e sentenza di morte per un regista che comunque si attacca alla vita con le unghie e con i denti, cercando di continuare a credere alla speranza.
Sinossi
Nel ghetto di Terezìn ci sono gli ebrei. Ma non ebrei qualunque: gli artisti, i cineasti, gli eroi di guerra. Quelli che, secondo il Reich, meritano un “trattamento speciale”. Che, per intenderci, non è molto diverso da quello di tutti gli altri ebrei: fame, lavoro sfiancante, disumanizzazione. Ma c’è anche una cena elegante, a Terezìn, con un’attrice e un regista famoso. C’è un film quasi finito, pronto da montare, che sarà certamente un successo eccezionale. E c’è anche a Terezìn la Grande Germania che aspetta la voce della Propaganda, per intraprendere finalmente il cammino a cui è destinata.
Presentazione
Cosa serve alle persone per essere felici? Una giustificazione all’ignoranza. Una frase da gettare lì quando le discussioni diventano troppo complicate, come le tende che si montano da sole della Quechua. Un telo, possibilmente colorato, dietro cui nascondere ciò di cui sanno che dovrebbero vergognarsi, ma che fa fatica spostare da dov’è. Una formula per rendere l’osceno accettabile. O, meglio ancora, virtuoso.
A questo serve la Propaganda, che è stata inventata dai nazisti ma è stata usata con grandissimi virtuosismi dai politici di tutti gli schieramenti, di tutti i Paesi, di tutti i tempi, successivi e precedenti. E naturalmente dai pubblicitari, dagli autori televisivi, dai social media manager.
A Terezìn, nel 1944, quasi alla fine della Seconda Guerra mondiale, venne girato uno dei primissimi esempi di manipolazione di massa. Un film in cui un campo di concentramento veniva rappresentato come una serena riserva di lavoro, in cui gli ebrei potevano vivere in relativa armonia. Fortunatamente non ne sono rimaste copie integre. Sfortunatamente, invece, l’idea di mistificare la realtà è stata spesso ripresa in altri ambiti, forse meno mostruosi ma non meno significativi.
In fondo, cos’è la realtà se non quello a cui credono tutti? E come si fa a non credere a qualcosa che ci rende felici? Un’Altra Ultima Cena parla di Terezìn, dei Campi di Concentramento e Sterminio, delle camere a gas. Ma parla soprattutto del potere della Propaganda, del suo ammiccante fascino, della sua sinuosa partecipazione alla maggior parte degli eventi della nostra contemporaneità. A chi si deve credere? A chi si può credere? È possibile dare una risposta a questa domanda?